Un anonimo un giorno mi scrisse: CI SARA' UN GIORNO ANCHE PER NOI DUE... MA NON A QUESTO MONDO…allora impaurita, stu**da non seppi e non volli rispondere.
Poi, col tempo, quelle parole hanno continuato a bussare, come un vento che non conosce serratura.
“Ci sarà un giorno anche per noi due… ma non a questo mondo.”
Allora mi sembravano un presagio scuro, un filo tirato da mani che non volevo vedere. Le temevo. E per paura, come spesso accade, ho taciuto.
Ma oggi capisco che forse non parlavano di morte, né di fuga.
Forse parlavano di altrove.
Di un luogo che non ha terra né cielo, eppure esiste in ogni attimo che non abbiamo avuto il coraggio di vivere.
È strano: a volte un’anima ci sfiora solo per ricordarci che esiste un punto del tempo dove ciò che non è accaduto continua a respirare. E che le promesse non mantenute non muoiono: si trasformano in eco.
Forse quel giorno lontano non era una condanna; era un invito.
L’invito a comprendere che ciò che poteva essere non si spegne: si deposita in una dimensione che solo il cuore conosce, dove la distanza non ha peso e il desiderio non ha corpo.
E ora, ripensandoci, mi accorgo che anch’io, allora, ero altrove.
Altrove rispetto a me stessa.
Altrove rispetto alla donna che avrei potuto essere, se solo avessi saputo rispondere.
Forse un giorno, in qualche piega remota dell’esistenza, non in questo mondo, non in questa forma, due sguardi mancati potranno finalmente riconoscersi.
Non come amanti, non come amici, ma come due viaggiatori che hanno imparato la stessa verità, ognuno a modo suo:
che non tutto ciò che ci tocca deve accadere;
che alcune presenze esistono solo per spingerci oltre;
che certi incontri non lasciano cicatrici, ma aperture.
E se un giorno ci sarà davvero, per noi due o per chi eravamo allora,
sarà in un luogo dove le parole non feriscono,
dove il silenzio non pesa,
e dove persino la paura saprà farsi lieve come una carezza che arriva tardi ma arriva comunque.