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Alcuni amori sono come l’ultimo film di Dracula: eterni, condannati, bellissimi nella loro dannazione.
Amori che non conoscono tempo, che sopravvivono alla carne, alla morte, alla ragione, e proprio per questo sono destinati a perdersi.
Lui la attende per quattrocento anni, la riconosce in un battito, la ritrova in un respiro che gli appartiene da sempre.
E quando finalmente la stringe, capisce che nessuna eternità basta a trattenerla.
Che anche l’amore più forte è un castigo, se non può finire, se non può morire come tutto il resto.
Io l’ho sentito, guardando quella storia.
Quel dolore antico che non si può spiegare, quella nostalgia per qualcosa che non si è mai davvero avuto, ma che si porta dentro come un’ombra.
Ci sono legami che non nascono per vivere, ma per ricordarci che l’anima è più grande del corpo, e più crudele del tempo.
E allora capisci che non serve la vita eterna,
se il destino è perderlo ancora.
Che la vera condanna non è l’inferno, ma il ricordo.
E che a volte amare significa questo:
restare sospesa in un sogno che si ripete,
sapendo che al risveglio lui non ci sarà.
Alcuni amori non si consumano.
Bruciano in silenzio, in un’altra dimensione del cuore.
Sono eterni, sì, ma eternamente soli.
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