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Dedica a cui stai rispondendo

Mi chiedi se l’ho amato….destino.
Come si può rispondere a una domanda così senza mentire?
Sì. No. Forse.
L’ho amato più del mio stesso nome, più del mio stesso respiro. Ma non gliel’ho mai detto.
Perché dirlo sarebbe stato un atto di vigliaccheria.
Un modo per rendere suo qualcosa che era sacro solo in me.

Per amore, avrei potuto donare tutto:
la casa, il sonno, il sangue.
Avrei potuto offrire la mia pace in cambio della sua inquietudine.
Sedermi al suo fianco e fingere che il silenzio bastasse.
Che il mondo potesse essere compreso in uno sguardo,
uno solo, rubato tra le pieghe di un giorno qualunque.

Ma no, non l’ho fatto.
Perché il vero amore, quello che ti divora dall’interno,
non vuole essere posseduto.
Non cerca nomi, né promesse.
Non ha bisogno di “per sempre”.
Ha solo bisogno di restare puro.
Invisibile.
Intatto.

Per amore, ho imparato a disegnare il tempo come una linea spezzata.
Ogni giorno che passava era una pagina che si voltava da sola,
sempre al limite del cadere,
come se bastasse un respiro, uno solo,
per riportarmi a lui.
Ma non ho mai girato quella pagina.
L’ho lasciata lì, sospesa.
Un eterno “quasi”.
Un attimo prima del destino.

E i fantasmi…
Oh, i fantasmi.
Li ho custoditi uno per uno.
Come reliquie di un amore che non ha mai chiesto di nascere.
Fantasmi fatti di paure, di domande senza risposta,
di verità così grandi che non osavo nemmeno pensarle ad alta voce.
Perché a volte la verità è un mostro.
E chi ama davvero, lo sa:
non si dice mai tutto.
Non si mostra mai tutto.
Si protegge l’altro anche dalla verità.

E allora no.
Non gliel’ho detto.
Non glielo dirò mai.
Perché amarlo…
amarlo davvero…
significava lasciarlo andare via
senza sapere
che lo stavo aspettando
da sempre.