Rispondi alla dedica

L'invio delle risposte è gratuito, le informazioni del mittente sono opzionali.

Il tuo nome
Regione Provincia

Testo della risposta

Non pubblichiamo le risposte che contengono:

  • parole abbreviate "stile sms": ke cmq qnd sn...
  • lingue diverse dall'italiano (es. dialetti);
  • messaggi personali;
  • provocazioni o insulti;
  • testi non attinenti alla dedica;
  • richieste di informazioni personali;
  • solo giudizi senza darne una motivazione;
  • numeri di telefono, e-mail o siti Internet;

In ogni caso ci atteniamo alle linee guida di Google per il tipo e la qualità dei contenuti inseriti.
Vi invitiamo a leggere attentamente le NORME PER I CONTENUTI.

Dedica a cui stai rispondendo

Si era innamorata quella ragazza. Aveva perso la testa per lui. Avevano fatto l’amore per la prima volta. Era la prima volta per entrambi. La ragazza ricorda che è stato bellissimo. Ricorda la sua prima volta col sorriso. E proprio dopo iniziarono i problemi. Lui iniziò ad essere geloso. E a chiederle di non indossare vestitini, o indumenti a suo parere appariscenti. Lei si rifiutò, lui si girò, poi si voltò verso di lei e le diede uno schiaffo in pieno viso. Ricorda quel giorno come fosse ieri. Invece sono passati un po’ di anni. Lui le chiedescusa, non si capacita di quello che aveva fatto e viene perdonato. Non usciva di casa quella ragazza, perché era sbagliato. Non poteva andare a comprare il latta alla nonna. Inventava mille scuse. In estate indossava pantaloni lunghi e magliette accollate. Per quattro estati. Non era normale per lui, e di conseguenza non era normale per lei. Era stu**da, continuava a giustificarlo. Non sapeva come poter uscire da quella storia, e la sua non era gelosia, era possessività, e lei non faceva nulla.
Quello era stato solo il primo schiaffo. Se tutte le volte avesse dovuto scegliere tra quello schiaffo o tutto il resto, avrebbe scelto quello schiaffo. Col tempo, la sua gelosia aumentava, sempre di più.. la ragazza lo assecondava. D’altronde era il proprio ragazzo a chiedere, il ragazzo che amava, e che l’amava. Non ricorda bene, quando e perché, quello schiaffo veniva sempre accompagnato da un altro. Accompagnato da un calcio.
Lei per terra. Non aveva via d’uscita. Quelle scene si ripetevano ormai quasi tutti i giorni. Accovacciata a terra come un animale. Subiva ogni tipo di violenza. Schiaffi, pugni, morsi, calci, oggetti lanciati, era un continuo. ‘Non gridare’ comandava lui.
Rientrava a casa tutti i giorni con dei segni sul corpo, con ematomi. La mamma e il papà le chiedevano cosa fosse successo, e lei per amore rispondeva di aver sbattuto, di non sapere dove aveva sbattuto, per formarsi quei lividi. Molte volte riusciva a coprirli, così nessuno poteva vederli.
Non poteva parlarne con nessuno. Lui l’amava. Lui sarebbe cambiato. Il tempo gli avrebbe fatto capire che si sbagliava a comportarsi in quella maniera. E la ragazza rimandava. Non sapeva cosa esattamente, ma rimandava.
Ricorda bene che una delle prime volte provò a reagire, perché la situazione le stava sfuggendo di mano. Queste furono le parole dopo uno schiaffo ‘Se lo rifai vado via’ , ed ecco riceversi l’ennesimo schiaffo. La ragazza si gira e inizia a camminare, lui la raggiunge, la tira per capelli e le dice ‘Forse non hai capito niente, o sei mia o non sarai di nessuno’ . Fu allora che la ragazza si rese conto della sua impotenza. Si arrese, decise allora di abbandonarsi al proprio destino. Lui era ormai padrone della sua vita. Completamente.
Ha cercato aiuto quella ragazza. Si era rivolta alla madre di lui un po’ di volte. Hanno pianto insieme al cellulare. La mamma supplicava la ragazza di lasciare suo figlio. ‘ Non vuole bene le persone che lo vogliono bene’ . Inutili i tentativi di quella donna, lei lo amava, non riusciva a pensare ad una vita senza di lui.
Un giorno raggiunse il culmine, quel giorno erano in una stradina, lui in piedi vicino alla sua moto, e la ragazza a terra, su di un marciapiede. Ricorda tutto. Quegli schiaffi. Quei pugni nello stomaco. Quei morsi. Quei calci dappertutto. Quel casco lanciato con rabbia, con violenza, in faccia. E continuava. Quegli occhi erano spenti. E lei aveva paura. Lui si ferma, dice che non vuole più picchiarla, ma.. le alza il viso, la guarda negli occhi, e la sputa. La sputa in faccia. Perché era quello che lei meritava. Il più delle volte era lei che chiedeva scusa a lui. Perché forse era colpa sua. Lui s’innervosiva per colpa sua. Lei doveva obbedire. Doveva sottomettersi. Lei doveva tacere. Quasi quattro lunghi anni passati così.. lei non poteva far nulla.
Non ne aveva mai parlato con nessuno quella ragazza, l’unica persona che è a conoscenza di ciò è il suo attuale ragazzo. Un anno le promise che se avesse perso l’anno scolastico, l’avrebbe lasciata. Era quella l’unica via d’uscita? Si era posta quella domanda un milione di volte. Ancora oggi non trova una risposta, sta di fatto che ha deluso per l’ennesima volta la sua famiglia. Non ha più studiato, a fine anno riceve la chiamata alla casa, informavano la mamma che la figlia non era stata ammessa. Negli occhi della mamma vide la delusione. Lo sconforto. Si vergognava di se stessa. Ma la mamma non poteva capire, nessuno poteva capire.
Un giorno per fortuna ha lui il coraggio di fare quello che avrebbe dovuto fare lei anni prima. Interrompere quel gioco al massacro. La lasciò. Mantenne la sua promessa. Per lei non fu semplice. L’amava comunque. Il tempo è stato prezioso, col tempo ha capito che lui non sarebbe mai cambiato. Perché non cambiano quelli così. Non so neanche come definirli. La riempiva di parole. E la sua autostima cadeva sempre di più.. doveva riprendere in mano la sua vita.
Da quel giorno è passato poco più di un anno. La ragazza del racconto sono io, e non me ne vergogno a dirlo. Mi sono armata di coraggio. Molti di voi mi conoscono, sanno un po’ la mia storia, altri non mi conoscono. Se ho deciso di essere qui stamattina, non è per far sapere alla gente la mia storia. Se ho deciso di essere qui stamattina, è perché tutti voi capiate cosa vuol dire la parola amore. Amare qualcuno non vuol dire essere succube. Amare qualcuno vuol dire apprezzare i suoi difetti e i suoi pregi, ma sopratttto i suoi difetti.
Io sono uscita da quella storia. Non è stato facile. Non è stato facile subire, molte volte ho avuto paura di morire. Quando vedi la persona che ami stringerti la gola per toglierti il respiro, ti senti crollare il mondo addosso. Non è vero che riesci a denunciare. Per una ragazza, per una donna, non è semplice. Oggi sono qui, non ho fatto nomi. Non mi sembra neanche il caso. Non me ne vanto di quello che ho dovuto sopportare. Ma ringrazio Dio ogni giorno, per avermi dato quella forza necessaria a rialzarmi.
Sono qui oggi, e questo è un appello a tutte voi ragazze. A tutte voi piccole grandi donne. Non lasciate mai che qualche bas***do si approfitti di voi. Non sono uomini. Non giustificateli MAI. Non fate l’errore che ho fatto io. Se mai un giorno, non ve lo auguro, dovesse accadere qualcosa di simile, abbiate il coraggio di parlarne con qualcuno più grande. Qualcuno che possa aiutarvi, ma non aspettate, non rimandate a domani. Denunciate subito. La donna è l’essere più bello al mondo. Ogni donna va rispettata. Amata. Ogni giorno.
Mi rivolgo a voi ragazzi, trattate la donna dome vorreste che le vostre figlie un domani vengano trattate. Non vi permettete mai di alzare le mani su di una donna, di violentarla. Rispetto. Ecco cosa dovete fare. Avere rispetto. Non abbiamo la vostra forza, non potete paragonarvi a noi. Siamo deboli. Quelle mani che vedevo picchiarmi, erano le mani che avrebbero dovuto accarezzarmi, difendermi. Quelle gambe che vedevo scalciare, erano gambe che avrebbero dovuto portarmi al cammino dell’amore. Quegli occhi che vedevo spenti, erano quegli occhi che dovevano brillare quando mi guardavano.
Ragazze, non fate l’errore che ho fatto io. Denunciate. Denunciate subito. Fatelo per voi stesse, e fatelo un po’ anche per me, ve ne prego. Non lasciate che vi tolgano la libertà. Non lasciatevi prendere in giro. Io sto pagando le conseguenze ancora ora. Io sto lottando con me stessa. Io devo rialzarmi completamente. Io devo trovare il coraggio di parlarne con i miei genitori, con la mia famiglia, e non è semplice.
Un po’ di giorni fa mi sono sentita accusare da qualcuno che la colpa di quello che mi è successo è mia. No. No. La colpa è sua. Sua e solo sua. Io sono stata manipolata. Sono stata costretta a comportarmi in quella determinata maniera.
Oggi sono qui. Sono qui per voi. Sono disposta a rispondere a qualsiasi tipo di domanda. Se sono qui, e per dimostrare non a voi, ma a me stessa, che sto lottando per uscire completamente da quella storia.
Sono qui, a dirvi che oggi ho accanto a me una persona che mi rispetta. Che mi ama. Condividiamo tutto. È con me. Mi protegge. Ed è quello di cui ho avuto bisogno in tutti questi anni.