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Dedica a cui stai rispondendo

Mi chiedo perchè ogni volta deve essere sempre la solita storia. Non mi viene difficile star male per quella che potrebbe essere considerata una semplice sciocchezza. una banale sensazione, qualcosa di mio, costruito dalla mia cappoccia complessata. Ma è quella stessa sensazione che non di rado bussa alla mia porta e non riesco a scacciare via. La sensazione di essere sempre costantemente fuori luogo, una colonna di intralcio che se ne sta zitta quatta quatta tempo e tempo ma non ci fa niente, lì dove è. come un pesce fuor d'acqua o...che ne so, qualsiasi corpo fisico in mezzo alle balloons degli altri. Mi chiedo che pensino gli altri di me quando non parlo. Mi chiedo se ciò susciti imbarazzo, irritazione, noia o semplicemente lasci indifferenza, perché d?altronde ci sono ma? non ci sono. La mia è una reazione a quella mia sensazione prima citata: "se mi sento d'intralcio, mi metto da parte". Mi viene da comportarmi così, per quanto sbagliato sia. Altre volte mi accorgo che sono io ad estraniarmi. Mi distraggo facilmente, viaggio con la mente e mentre qualcuno dal pianeta terra parla e sarebbe opportuno prestargli ascolto, non di rado mi appresto a navigare sulla luna.

Mi viene sempre più naturale farla difficile, contorcere i miei pensieri finché si annodano l?un l?altro in un incastro che intralcia la mia lucidità. A volte penso di essere apatica, priva della capacità di provare certe emozioni, di non avere istinti. Altre volte penso che sia io stessa la responsabile a nascondere i miei impulsi sotto la sabbia, e a soffocarli prima che diventino atto. Penso a quanto sia facile per gli altri seguire ciò che un senso interiore comanda, accantonando ciò che dice il cervello. Sbaglio? Pazienza, diamine. Invece no: il mio cervello si concede troppo potere.
Sono la regina delle contraddizioni per eccellenza, incoronata ad honorem per il suo enorme terrore di vivere.
Vuoi una cosa? Si?no?forse. E il forse significa no. E il no significa che voglio qualcosa di più?..di più?.più. Non so precisamente più cosa.
Cosa vuoi, cosa diavolo vuoi?
Non ho enormi pretese. Voglio semplicemente essere sicura di me, dei miei desideri, delle mie volontà...
O forse si, ho enormi pretese, tanto grandi da non poter essere soddisfatte. Chi è viziata non potrà mai saziarsi pienamente di ciò che la vita le offre. Io forse mi comporto da inguaribile viziata, vuota e superficiale. In gergo attuale si potrebbe tradurre l?atteggiamento col verbo ?tirarsela?. Ho passato tempi di m**da a causa mia, solo mia. Sono cresciuta, cambiata, migliorata?nonostante ciò ancora non ho imparato a convivere con me. Ed è triste. Soprattutto quando non dovrebbe esistere il motivo di esserlo, perché ho ciò che si può desiderare. Una famiglia fantastica; amiche, poche ma buone, altrettanto fantastiche.Eppure sto scrivendo sotto il titolo "solitudine" perchè è quello che provo. Quanto sono odiosa.
Forse mi sono cibata di troppi film e favolette, forse confondo troppo facilmente realtà-sogno nell?attesa di un finale degno del miglior ?e vissero tutti felici e contenti?.
È questo il motivo per cui non riesco a buttarmi nelle situazioni? Il motivo per cui vivo imbalsamata, trattenuta da una forza interiore che non riesco a scacciare via da me? Come se tutto non mi bastasse, non fosse il meglio da volere realmente? Magari continuerò a credere che?si?forse ciò di cui ho bisogno non è ancora arrivato, che arriverà?.
Ma attendere e attendere nel dubbio non mi è di conforto. Aspetto un treno che non è infinito, l?infinito non esiste, e mi troverò forse a perdere l?ultimo carro nell?attesa di quello di prima classe che non c?è.
Ci sono momenti in cui me ne infischio di tutto, mi distraggo e vivo la vita come essa si presenta a me, non facendo calcoli e stringendo forte le mie speranze come fossero obbiettivi da raggiungere quando meno te lo aspetti, ma DA RAGGIUNGERE.
Ci sono altri momenti in cui sono scettica, sfiduciata, impaurita e quasi rassegnata. Momenti in cui non credo a niente. Momenti in cui divento pietra, come un cupo gargoille sulla facciata di Notre Dame, che ti scruta con disprezzo perché sottomesso ad una vita di cui non trova senso, mentre tu, passante, cammini allegro per strada.

Un tempo credevo che il criceto che fa girare la ruota della nostra esistenza è l?amore, quel sentimento che ci permette di urlare ?si, vivo, sto vivendo!-nella gioia e nel dolore, ma in un fermento di vita, comunque, che esclude la presenza di quel che può essere considerata noia o? banalità o? senso di propria inutilità.
Ora perdo la mia fiducia anche in esso. Non so cosa sia. Non so se averlo provato una volta in tutta la mia vita. Confondo la voglia di amare con l?amare in sé. Io voglio amare, lo vorrei davvero. Lasciarmi trascinare da una forza misteriosa che offusca finalmente il mio cervello troppo hitleriano, essere in balia di una buona droga innocua di cui non riesci più a fare a meno, provare la famosa adolescenziale sensazione delle farfalline nello stomaco?
forse la viziata capricciosa non ne è in grado.
Lei non è mai soddisfatta.
La vita non è un film. Il mondo delle meraviglie non esiste. E Io non sono Alice.