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da Ti manco
"Non tutti sanno che Dante, nella Divina Commedia, ha osato inventare una parola più potente di un “ti amo”: «mi imparadisi».
Non è solo un verbo, è una soglia. È il tentativo di dire ciò che il linguaggio ordinario non riesce più a contenere quando l’amore accade davvero.
“Mi imparadisi” non significa semplicemente “mi rendi felice”. Significa: mi fai entrare in un altrove, mi trasporti in una dimensione nuova dell’essere. È l’amore che non consola soltanto, ma trasfigura. Non aggiunge qualcosa alla vita: la ricrea. È l’incontro che non ti accarezza la superficie, ma ti cambia il cielo interiore.
Dante sente che dire “ti amo” non basta più, perché l’amore vero non si limita a dichiararsi: sposta l’orizzonte, dilata il cuore, allarga l’anima fino a farle respirare l’eterno. Per questo inventa una parola: quando l’esperienza è più grande delle parole disponibili, bisogna crearne di nuove. È ciò che accade ogni volta che incontriamo qualcuno capace di salvarci da noi stessi, di strapparci al cinismo, di restituirci fiducia nella bellezza.
“Mi imparadisi” è l’amore che non possiede, ma custodisce. Non trattiene, ma eleva. È dire all’altro: con te divento più vero, più intero, più vicino a ciò che sono chiamato a essere. È l’amore che non chiede di scendere a compromessi, ma invita a salire.
Forse oggi abbiamo impoverito il linguaggio dell’amore, riducendolo a formule rapide, consumabili, reversibili. Dante ci ricorda che amare è un atto creativo e rischioso, capace di generare mondi. Amare davvero significa permettere all’altro di fare di noi un luogo abitabile per Dio, per il senso, per la luce.
“Mi imparadisi” è una promessa silenziosa e radicale:
se ti incontro, non resto uguale.
E forse è questa la dichiarazione d’amore più alta che si possa fare: non dirti che ti amo, ma confessarti che, grazie a te, il mio inferno ha trovato un cielo."
Don Salvatore Abagnale.
29 December 2025
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