da Ti manco

Sul colle di Recanati, il vento sussurra ancora,
tra le foglie stanche del tempo.
Giacomo scrive,
e la sua mano trema come il lume morente
che sa d’infinito e d’addio.
Silvia sorride,
nell’alba che non nasce mai davvero:
il suo passo è canto, il suo respiro sogno.
Ma già la speranza è lama,
e quell’amore, così puro,
si fa ferita nel petto del poeta.
Io li guardo da lontano,
guerriera senza armatura,
cuore aperto come libro di sangue.
Ho amato anch’io;
con la fede cieca di chi crede
che il dolore sia solo un preludio di luce.
Ma l’amore,
oh Leopardi,
è una lama che non risparmia.
Taglia la carne,
divide l’anima,
e nella fenditura nasce il verso,
più vero del respiro,
più eterno del bacio negato.
Silvia svanisce.
Tu resti, piegato dal cielo,
a cercare nel nulla un perché che consola.
Ed io, figlia della stessa ferita,
raccolgo la tua pena come un’eredità segreta.
Così scrivo, anch’io,
non per guarire,
ma per ricordare che l’amore,
quando brucia,
illumina soltanto per morire.
E nel silenzio che segue il tuo canto,
ascolto il suono della mia corazza infranta:
eco d’un sogno che fu spada,
e d’un cuore
lama su lama
che imparò a sanguinare in versi.

8 novembre 2025