Lettere

da Ti manco

Lettera triturata dal tempo, dal silenzio e dalla memoria
Nel tempo sospeso,
dove le lancette non osano più toccarsi
e le voci sussurrano da dietro vetri appannati,
io ti scrivo, o forse ti penso, che è quasi lo stesso.
Siamo ancora lì,
nonostante i giorni sfaldati come carta vecchia,
distanti solo pochi metri…
ma lunghi come ere geologiche dell’anima.
Ricordo.
Ricordo me. Ricordo te. Ricordo il filo teso tra i nostri sguardi.
Ero giovane, sì, ma non è un’attenuante.
Ero orgogliosa, forse più della mia stessa solitudine.
Difendevo un’idea di me
che non avevo ancora nemmeno costruito.
Tu parlavi poco.
E io non capivo che il silenzio è un codice,
non un’assenza.
Tradurre il silenzio
questo ho imparato tardi,
quando le parole hanno iniziato a costarmi la pelle.
E ora che so,
ora che potrei leggerti anche nel battito lento delle tue dita sulle ginocchia,
tu non ci sei.
Ma noi, noi ancora abitiamo quel luogo mai nominato.
Un punto cieco nella mappa dei nostri giorni.
Una casa senza pareti, fatta solo di memoria e possibilità non dette.
Ti scrivo questa lettera e la trituro,
la faccio a brandelli come si fa con la carta segreta
che non si ha il coraggio di inviare,
come si fa con i ricordi che sanno troppo.
Ogni frase un frammento,
ogni parola un sasso lanciato in un lago immobile.
Eppure, qualcosa resta.
Un’eco.
Un respiro che non è stato tuo né mio,
ma nostro.
Ti avrei ascoltato meglio.
Avrei imparato il tuo silenzio
come si impara una lingua sacra.
Non per parlarti,
ma per sentire,
per essere presente dove non c’era rumore,
ma solo vita in attesa di essere capita.

Adesso so.
E fa male.

Ma anche questo è amore
tardivo,
triturato,
ma profondamente vero.

12 settembre 2025

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